Boris Petrushansky
Hanno qualcosa in comune Schubert e Šostakovic,
compositori tanto distanti tra loro per epoca, cultura,
contesto geografico e biografia? Forse più
di quanto non immaginiamo. Boris Petrushansky ha
ideato il suo recital con l’intento di mettere
a confronto questi due mondi sonori apparentemente
diversi ma in realtà vicini nella loro ermetica
estraneità alla realtà circostante.
Una realtà (la dittatura sovietica per Šostakovic,
il regime poliziesco della Restaurazione viennese
per Schubert) vissuta come limitazione, come oppressione,
con la sola via di fuga offerta da una scrittura
musicale che usa le forme classiche per nascondere
un mondo segreto fatto di motti, citazioni, autocitazioni.
Un sottile gioco di rimandi lega infatti tutti i
brani in programma, esaltandone il legame interiore
e favorendo un’integrità d’ascolto.
Boris Petrushansky, nato a Mosca, è stato
l’ultimo allievo del grande didatta Heinrich
Neuhaus. Ha suonato con le più importanti
orchestre sotto la direzione di direttori come Valery
Gergiev, e ha collaborato con virtuosi quali Misha
Maysky, Leonid Kogan e Igor Oistrakh. Dopo la fine
dell’URSS si è stabilito in Italia,
e insegna all’Accademia Pianista Internazionale
di Imola.